“Una cultura come il mare”: La Spezia è ufficialmente candidata a Capitale Italiana della Cultura 2027. Ne hanno dato l’annuncio questa mattina in conferenza stampa il Sindaco della Spezia Pierluigi Peracchini, la dirigente dei Servizi Culturali Rosanna Ghirri e Gaetano Scognamiglio, Presidente di Promo P.A Fondazione confermando l’invio del Dossier della candidatura al Ministero della Cultura.
Il concept del progetto.
Con una visione ispirata al mare, La Spezia si candida a Capitale Italiana della Cultura 2027: “Una cultura come il mare”, il titolo del Dossier, non è solo una metafora ma un obiettivo concreto per una cultura variegata, interconnessa e sempre in movimento fondata sulla bellezza, la sostenibilità e l’inclusione.
Un’occasione storica senza precedenti ed unica per rafforzare la nostra Città come centro creativo, incentivando il dialogo tra diversi settori, facendo emergere aspetti poco noti del proprio patrimonio, sperimentando un nuovo modo di vivere il rapporto con il mare.
Il rilancio del Premio del Golfo per giovani artisti, percorsi di rigenerazione urbana e sociale e Amphiorama, un museo diffuso che parte dal mare e guarda al futuro, sono solo alcuni dei progetti caratterizzanti della candidatura. “Una cultura come il mare” diventa così un veicolo per affrontare le sfide di oggi, promuovendo una maggiore consapevolezza ambientale e sociale, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e l’Accordo di Parigi.
La Spezia2027 si sviluppa lungo quattro direttrici principali: “correnti”, che connette cultura e mare; “Venti”, che stimola le nuove produzioni artistiche; “Onde”, per rendere la cultura inclusiva e accessibile a tutti; e “Maree”, che mira a consolidare e stabilizzare l’offerta culturale della Città.
La Spezia si propone di diventare un grande laboratorio di innovazione culturale, capace di aprire nuovi orizzonti per la Città-Mare, rileggendo il passato attraverso strumenti contemporanei e offrendo a tutti un accesso più diretto alla cultura. Con creatività e sensibilità artistica, la Città vuole affrontare le sfide del presente e costruire un futuro sostenibile.
La Spezia Capitale Cultura 2027: 6 milioni di euro per finanziare i 33 progetti.
Candidare La Spezia a Capitale Italiana della Cultura 2027 ha già significato rivoluzionato il modo di fare cultura nella nostra Città. In una vera e propria “chiamata alle idee”, tutto il tessuto culturale, pubblico, privato e del terzo settore, l’associazionismo, il contesto imprenditoriale e commerciale, tutte le Pubbliche Amministrazioni – oltre 70 soggetti coinvolti – hanno partecipato attivamente alla costruzione del Dossier.
Il Dossier consta di sessanta pagine di contenuti, quattro linee di intervento, 33 progetti, oltre alle attività e agli strumenti di comunicazione e promozione.
6 milioni di euro per finanziare il Programma di Candidatura:
Il logo.
Il logo della candidatura della Spezia a Capitale Italiana della Cultura 2027 trae ispirazione dal profilo della fontana futurista situata presso il Palazzo delle Poste, un’opera simbolo progettata da Angiolo Mazzoni, uno dei principali architetti di edifici pubblici del XX secolo. L’edificio, costruito secondo i canoni del Futurismo, ospita all’interno il grande mosaico degli artisti Fillia e Prampolini ed è completato esternamente da una fontana.
La fontana, restituita alle sue forme originali alla Città nel 2022, nacque come omaggio alla modernità della Città che all’epoca aveva un acquedotto unico in Italia e alla potenza della natura, espressa attraverso l’effetto a cascata dell’acqua. Il suo design, caratterizzato da quattro alte nicchie a cielo aperto bordate di marmo, offre un profilo visivo che, visto dall’alto, mostra una serie di quattro “U” unite a formare un’onda stilizzata.
Il logo è un omaggio al Futurismo spezzino e alla sua eredità architettonica, ma al tempo stesso richiama il mare, elemento vitale e perpetuo alla base della candidatura. Il logo è formato da una serie di linee affiancate per dare dinamismo al simbolo. Pensato per essere altamente riconoscibile, il logo è estremamente versatile riflettendo la vivacità e la continua evoluzione culturale della Spezia.
Il comitato promotore.
Comune della Spezia; Provincia della Spezia; Regione Liguria; Camera ci Commercio Riviere di Liguria; Università degli Studi di Genova; Diocesi della Spezia; Fondazione Carispezia; Rotary Club La Spezia; Miglio Blu (Antonini Navi, Baglietto, Cantieri Navali della Spezia, Fincantieri, Ferretti Group -Riva, Porto Lotti, Sanlorenzo, The Italian Sea Group, Valdettaro Group); Autorità di Sistema Portuale Mar Ligure Orientale; Guardia Costiera – Capitaneria di Porto La Spezia; Parco Nazionale delle Cinque Terre; Azienda Sanitaria Locale 5; Casa Circondariale della Spezia; Ufficio Scolastico Regionale della Liguria; Conservatorio Statale di Musica Giacomo Puccini; ITS Istituto Tecnico Superiore La Spezia; CNR Ismar (Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Scienze Marine); ENEA (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile); INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia); DLTM – Distretto Ligure delle Tecnologie Marine; Assonautica; CNA La Spezia; Confartigianato La Spezia; Confcommercio La Spezia; Confesercenti La Spezia; Confindustria La Spezia.
Il comitato scientifico.
Maria Cristina Bigi – Direttrice della Casa Circondariale della Spezia, impegnata in progetti di inclusione e reinserimento sociale
Donatella Bianchi – Giornalista e conduttrice televisiva, già Presidente del WWF Italia
Jacopo Godani – Coreografo e Direttore Artistico della Dresden Frankfurt Dance Company
Angelo Riccaboni – Professore Ordinario di Economia Aziendale presso l’Università di Siena e Presidente della Fondazione Prima
Guido Tonelli – Fisico al CERN di Ginevra e Professore Ordinario presso l’Università di Pisa
Dario Vergassola – Scrittore, attore e conduttore
Il gruppo di lavoro.
Comune della Spezia
Pierluigi Peracchini, Sindaco della Spezia
Rosanna Ghirri, Dirigente – Responsabile della gestione, dell’attuazione e del monitoraggio del progetto LaSpezia2027
Maria Elena Casentini, Funzionario Responsabile – Referente del progetto
Promo PA Fondazione
Irene Panzani, Project manager culturale
Roberto Spinetta, Project Manager Area Marketing e comunicazione, design logo di Candidatura
Francesca Velani, Esperta di politiche culturali
14 dicembre 2024 – 23 marzo 2025
Mentre prosegue la mostra L’arte di viaggiare. L’Italia e il Grand Tour, prorogata al 12 gennaio, è stata inaugurata al Museo Civico “Amedeo Lia” l’esposizione “L’Adorazione dei pastori” di Luca Cambiaso. Un capolavoro per il Natale.
L’esposizione della monumentale e splendida tela, conservata alla Pinacoteca Nazionale di Bologna che eccezionalmente l’ha concessa in prestito al Museo Lia, sarà un’occasione di approfondimento anche grazie all’esposizione concomitante di un disegno che pare del tutto collegato alla tela bolognese, proveniente da Collezione privata. L’esposizione pertanto, per la quale è previsto un allestimento dedicato con relativi apparati didattici, si pone quale importante opportunità di confronto tra il disegno, nella cui sintesi di segno è già tutta l’idea compositiva, e la tela conseguente, realizzata, come è noto, presumibilmente negli anni 1565-1570 per la cappella Casali in San Domenico di Bologna da parte del maestro ligure di indiscussa fama. La fortuna locale di questo rilevante testo figurativo, peraltro, è stata la causa della replica del dipinto stesso, come ben dimostra l’analogo testo concepito ugualmente nel corso del XVI secolo, parimenti conservato alla Pinacoteca Nazionale di Bologna.
Il prezioso disegno, che eccezionalmente, dopo quasi cinquecento anni, viene riunito alla grande tela, introduce alla complessa questione della grafica composta da Cambiaso e dalla sua bottega. Il gruppo dei disegni di Luca Cambiaso, o a lui imputati, pur spesso corredati di firma, introducono l’ampia questione dell’autografia dei fogli riferiti o riferibili al maestro genovese. “Tanti furono i suoi disegni, che di gran lunga superarono il numero di quei di molti Pittori insieme…”, afferma Soprani, e Lanzi lo segue nel dirlo “Disegnator pronto, fiero, grandioso…”, a dimostrazione dell’apprezzamento sincero e dell’attività inesausta del Cambiaso disegnatore. Alla grandiosità esecutiva, riconosciutagli all'unisono senza alcun tentennamento, faceva quindi eco la prolificità di segni. E in effetti la produzione risulta tanto copiosa - a tal punto, che nessun artista rinascimentale gli sta al passo- per quelle agilità di scrittura e velocità di esecuzione che il maestro metteva in atto con incredibile estro, così che dai prototipi, di cui peraltro esistono numerose varianti, derivava un numero infinito di repliche, autografe, e di copie prodotte all’interno della bottega, e non solo.
Luca Cambiaso (1527 - 1585)
Luca Cambiaso nasce a Moneglia, centro rivierasco del Levante ligure, il 18 ottobre 1527, e, dopo lunga e proficua carriera, muore il 6 settembre del 1585 a L’Escorial in Spagna, dove Filippo II, sedotto dalla sua fama, lo aveva chiamato per decorare la volta della chiesa del grandioso monastero. Della sua vita molto sappiamo grazie al resoconto di Raffaele Soprani (Genova, 1612 – Genova, 1672), storico, pittore e politico genovese autore delle Vite de’ pittori, scultori ed architetti genovesi, e de' forestieri che in Genova operarono, edito nel 1674, dove Luca Cambiaso viene descritto come pittore, plastificatore e ancora modellatore di figure. Proprio Soprani afferma senza indugio che “tanti furono i suoi disegni, che di gran lunga superarono il numero di quei di molti Pittori insieme…”, e Lanzi lo segue nel dirlo “disegnator pronto, fiero, grandioso…”, a dimostrazione dell’apprezzamento sincero tributata a Cambiaso disegnatore. Alla grandiosità esecutiva, riconosciutagli all'unisono, faceva quindi eco la prolificità di disegni. E in effetti la produzione risulta tanto copiosa - a tal punto, che nessun artista rinascimentale gli sta al passo- per quelle agilità di scrittura e velocità di esecuzione che il maestro metteva in atto con incredibile estro, così che dai prototipi, di cui peraltro esistono numerose varianti, derivava un numero infinito di repliche, autografe, e di copie prodotte all’interno della bottega, e non solo. Insomma, una quantità smisurata di materiale a dimostrazione del primato raggiunto in tal senso, a tal punto icastico che tra gli artisti al maestro prossimi solo coloro dotati di forte personalità riuscirono a trovare un percorso individuale e una decisa autonomia di espressione.
L’osservazione diretta del michelangiolesco Giudizio, svelato nella notte di Ognissanti del 1541 e presto devotamente ossequiato dal giovane Cambiaso, al pari dell’eredità di Perin del Vaga, impegnato in precedenza da Andrea Doria nella villa di Fassolo e del quale restavano a Genova molti disegni, sono le due varianti su cui si consolida il suo gusto iniziale, tanto che nei precoci fogli tenta, con successo, di trovarne un’ardita sintesi. Caratteristica peculiare dell’operare di Cambiaso era l’uso costante dell’inchiostro ferrogallico, dal cupo colore nero con sfumature violacee nel momento della stesura, col tempo tendente a assumere una colorazione decisamente marrone scuro per via dei processi ossidativi del ferro eccedente. Inchiostro fortemente corrosivo, responsabile del deterioramento del supporto cartaceo, era steso da Cambiaso con abilità e padronanza, con penne d’oca o, più raramente, di canna.
L’Adorazione dei pastori di Luca Cambiaso
L’assenza di documenti relativi alla commissione rende ancora oggi misteriosa la presenza dell’Adorazione dei pastori di Luca Cambiaso nella Basilica di San Domenico di Bologna, dove viene ricordata dalla letteratura cittadina a partire dalla seconda metà del Seicento; vi restò sino alle requisizioni napoleoniche (1797-1810), a seguito delle quali il dipinto entrò a far parte delle collezioni della Pinacoteca. Il soggetto, tra i più illustrati dall’artista, si caratterizza per una costruzione spaziale complessa, i cui piani sono scanditi in profondità non solo dalle ben delineate geometrie dei volumi delle figure ma altresì dalle fonti luminose che rischiarano l’ambientazione notturna, accompagnando l’osservatore nell’intima e devota contemplazione dell’evento. La centralità di Gesù è immediatamente identificata dalla luce che si propaga dal suo piccolo corpo illuminando l’intera scena principale, ovvero dal tetto spiovente della capanna sovrastato da putti trasvolanti alla pietra cubica su cui è inginocchiato il pastore in primo piano. La fiaccola sorretta da un uomo col cappello mostra l’arrivo di alcuni viandanti in secondo piano sulla destra, l’apparizione della cometa che abbaglia il gruppo di pastori posti in cima alla collina svela il paesaggio sullo sfondo. In questa rappresentazione notturna di profondo lirismo, in cui la luce assume una valenza devozionale di particolare incanto, Gesù Bambino invita al silenzio e alla preghiera accostando il dito indice alle labbra.
Le numerose copie dell’Adorazione dei pastori di Luca Cambiaso esistenti ancora oggi a Bologna attestano la grande fortuna che l’opera del genovese incontrò in città: una di queste, ritenuta come ulteriore originale sino alla Guida del 1776, si trova ancora oggi nella sagrestia della chiesa di san Domenico, un’altra nella chiesa della Carità (ma proveniente da San Gregorio), infine una terza è giunta in Pinacoteca nel 1883 attraverso il lascito della collezione Zambeccari. Un ulteriore tributo bolognese al pittore ligure è rappresentato dagli esiti del notturno con l’Adorazione dei pastori eseguito da Camillo Procaccini nel 1584 per la chiesa di San Francesco (ora a Bologna, Pinacoteca Nazionale), in cui i temi da Cambiaso convivono con le suggestioni dal Correggio.
Opere esposte:
Luca Cambiaso (Moneglia, 1527 – El Escorial, 1585), L’Adorazione dei pastori, 1570 circa, olio su tela, cm 234 x 161, Pinacoteca Nazionale di Bologna;
Luca Cambiaso (Moneglia, 1527 – El Escorial, 1585), L’Adorazione dei pastori, settimo-ottavo decennio del XVI secolo, penna e inchiostro su carta bianca, mm 310 x 210, collezione privata.
Tutto il Museo è rivoluzionato perché il visitatore si immerga nell'esperienza del gran viaggio di formazione che tra il Sette e Ottocento prevedeva il raggiungimento dei luoghi carchi di memoria dove trovare confronto con il passato e ristoro per anima e corpo. La collezione Lia è in dialogo con quasi altre cinquanta straordinarie opere in prestito provenienti da tutta Italia, fra gli altri, dalla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini di Roma, dai Musei Civici di Padova, dal Museo di Roma e dalla Collezione d’Arte della Fondazione Cariplo.
La mostra è aperta al pubblico dal 15 giugno 2024 al 12 gennaio 2025.
Il Museo Lia è parte del circuito del Turismo Accessibile Europeo PANTOU |
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